Metropolita ortodosso, Patriarcato di Serbia
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1. La preghiera come fonte della costruzione della pace
Mentre ci accingiamo ad affrontare il tema che ci è stato affidato, è necessario, anzitutto, rispondere brevemente alla domanda: che cosa è la preghiera? Se, per quanto riguarda questa domanda, consultiamo la ricca e antica tradizione cristiana, ciò che richiama un'attenzione particolare è la descrizione suggestiva della manifestazione della Chiesa di Dio in questo mondo - Ecclesia orans. Infatti, la Chiesa cristiana esprime il suo modo di esistere esattamente come petitioner, cioè, come colui che rimane in comunione con il Dio Uno e Trino. Quindi, tutti coloro che partecipano del Corpo di Cristo, sia come membri di una comunità liturgica o individualmente, costruiscono il loro rapporto con Dio ed esprimono coloritamente la modalità della loro esistenza attraverso la comunione di preghiera con il Signore. Questa dimensione sacramentale della comunione di preghiera della Santa Trinità e dell'umanità è resa eterna attraverso la descrizione biblica della vita di Adamo ed Eva nell'Eden, dove i nostri antenati hanno "visto Dio faccia a faccia". Pertanto, la vita cristiana è impensabile e insostenibile senza la preghiera intesa come una forma di "tempo nello spazio" dove c'è l'incontro con Dio che parla e che agisce (Deus loquens e Deus agens). Ma al fine di acquisire una partecipazione attiva in tale opera Divina (opus Dei), è necessario che lo Spirito Santo venga, dimori in noi e ci purifichi, “perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili;” (Rom 8,2).
Attraverso la preghiera e ringraziando per un tale dono, i cristiani arrivano a vivere sulla soglia dell'eternità. O più precisamente, il tempo liturgico diventa, infatti, tempo escatologico, che trasforma il tempo creato in eternità. Contemporaneamente, la dimensione relativa significa anche che la vita di preghiera fa del cristiano un vaso “del grande mistero della pietà” (1 Tim 3,16), un partecipante della vita in Cristo, di cui l'apostolo Paolo dichiara enfaticamente: “… non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Di conseguenza, si deve rilevare che l'unione orante con Cristo attraverso la grazia dello Spirito Santo è in effetti uno degli obiettivi della pratica della preghiera incessante (la preghiera di Gesù) nella Chiesa ortodossa, il che significa che Cristo stesso viene ad abitare e pregare dentro di noi.
Avendo tutto questo in mente, dobbiamo notare che uno dei frutti indiscutibili dell'unione liturgica dei cristiani ortodossi con Cristo è la pace. Tuttavia, la pace acquisita in questo modo non può essere intesa semplicemente come una categoria psicologica o, come gli antichi greci hanno notato, ἡ ἀταραξία - l'acquisizione di serenità psichica o di pace.
Acquisendo la pace di Dio, ci troviamo in pace con il mondo intero e cominciamo a percepire la creazione complessiva come un dono della Santa Trinità. Il grande santo russo, San Serafino di Sarov, era solito dire a questo proposito: "Sii in pace con Dio, e migliaia di persone attorno a te troveranno la pace", alludendo con ciò all’essenza della pace acquisita - il ritorno al seno del Padre celeste.
Di conseguenza, sarebbe opportuno notare che l'acquisizione orante della pace rivela la vera natura dell'amore umano per il Divino (amore per Dio), che è a sua volta basato sull’amore Divino e salvifico per l'uomo (Filantropia), che si è manifestato nella persona di Cristo. Soprattutto, i cristiani si riferiscono al Logos di Dio e Figlio dell'uomo, come la pace, che è l'elemento organico della predicazione di Paolo agli Efesini; perché “Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace” (Ef 2,14-15). Infine, una prospettiva significativamente più ampia per quanto riguarda l'instaurazione della pace, radicata nella preghiera della Chiesa ortodossa, è soddisfatta nella Divina Eucaristia.
2. La Divina Liturgia come preghiera di pace e attività di pacificazione per eccellenza
Una interpretazione autentica della relazione essenziale della Divina Eucaristia e di tutti gli altri sacramenti con la preghiera nella vita cristiana, è impossibile senza una comprensione della Divina Liturgia come il Mistero onnicomprensivo della Chiesa. Se cominciamo a esaminare le basi oranti della pacificazione cristiana in un tale contesto, noteremo che il radunarsi assieme dei cristiani in un unico luogo assume una dimensione poliedrica di preghiera comunitaria per la pace, una richiesta di pacificazione, un assaggio empirico o una prefigurazione della pace del Regno di Dio e della sua diffusione in tutto il mondo.
All'inizio della Divina Liturgia, i cristiani ortodossi sono incoraggiati a pregare in pace attraverso le prime tre invocazioni della Grande Litania. Le parole "In pace Preghiamo il Signore" invitano coloro che partecipano all’opera pubblica della Chiesa a offrire la loro preghiera in pace, di cui San Giovanni Crisostomo dice “è la madre di ogni bene”. Con l’invocazione “Per la pace che viene dall’alto e per la salvezza delle nostre anime, preghiamo il Signore”, noi indichiamo lo stadio successivo dell’acquisizione della pace divina che, secondo l’apostolo Paolo “sorpassa ogni intelligenza …” (Fil 4,7). Questa pace che “custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Fil 4,7),
viene elargita sulla intera creazione che in tal modo ne è permeata, con l'obiettivo della trasformazione e della salvezza del mondo, di cui, in fondo, parla la successiva invocazione: “Per la pace del mondo intero, per la salvezza delle sante Chiese di Dio e per l’unità di tutti, preghiamo il Signore”.
Escludendo le invocazioni descritte tratte dall'inizio della Divina Eucaristia, è da attribuire una particolare importanza, all'interno della venerabile opera eucaristica della comunità teoantropica, per essere specifici, all'offerta di pace alla comunità riunita compiuta dal sacerdote che presiede.
Mentre si avvicina al centro della chiesa di fronte a tutti i partecipanti alla Santa Liturgia, il vescovo o il sacerdote benedice le persone riunite con il segno della croce, dicendo: "Pace a tutti", e questo accade poco prima la lettura del Vangelo, prima della proclamazione comune del Credo niceno, prima dell’offerta dell'Agnello (Amnos) e della comunione del clero e dei laici.
È senza alcun dubbio che in queste azioni eucaristiche dovremmo riconoscere l'attualizzazione indiscussa delle parole di Cristo: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (John 14: 27).
Ma soprattutto, questi sono momenti specifici di epiclesis che non solo fanno presente l'evento della Pentecoste e l'effusione della grazia del Paraclito, ma anche aprono la mente dei partecipanti all’incontro liturgico e offrono loro la pace del Regno di Dio per mezzo del quale, a sua volta, il significato abbondante di tutti gli eventi della economia della salvezza sono resi comprensibili. Ciò che avviene in questi momenti benedetti è esattamente ciò che si può leggere nella descrizione del Vangelo di Giovanni: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Poi lo stesso giorno alla sera, il primo giorno della settimana, quando erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo, e disse loro: “Pace a voi”. E detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. Allora i discepoli furono lieti al vedere il Signore. E dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo…” (Gv 20,19-23).
L'acquisizione e il consolidamento di una vita totale di preghiera per i cristiani si completa o si perfeziona nella Divina Eucaristia attraverso la comunione col Corpo e col Sangue del Signore, cioè, il Figlio di Dio come offerta di pace, che è fatto "una volta per tutte". E infatti, la salvezza della totalità della creazione in Cristo Gesù e del suo giungere alla pace con Dio, che ha come sua fonte e conclusione l'amore della Santa Trinità, giunge alla sua chiarezza ed è sperimentata nel modo più completo possibile al tavolo del Regno che viene.
Solo alla luce di tale vita sacramentale possiamo dire che “noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” (Rom 5,1). Per questa ragione, non dovremmo essere sorpresi di ascoltare che il primo congedo alla Santa Liturgia nella Chiesa ortodossa era solito seguire alle parole: “Andiamo in pace”.
Il messaggio era soprattutto potente e significativo. I cristiani erano, alla fine, congedati e mandati al mondo in pace, in modo che la pace acquisita del Regno di Dio, che è il mistero della Santissima Trinità che permea tutto, avrebbe santificato e trasformato anche il più piccolo pezzo e il momento più breve del mondo creato. Nonostante le diverse e varie sfide sociali e culturali del nostro tempo, lo stesso messaggio continua ad essere proclamato dalla Chiesa ortodossa anche oggi.
Conclusione
Anche se l'uomo contemporaneo - forse oggi più che mai - è di fronte ad un mondo in rapida evoluzione, la sua sete di pace eterna, una fede illuminante e un dialogo culturale costante, non possono essere placati con mezzi esclusivamente politici ed economici. Questi sono, ovviamente, necessari e di importanza fondamentale, ma sono ancora lontani dall'essere sufficienti. Pertanto, il ruolo e la responsabilità di ogni uomo religioso nel processo di testimoniare e costruire la pace sono più preziosi. Avendo questo in mente, ripeto le parole di San Serafino: “Sii in pace con Dio e migliaia attorno a te troveranno la pace”.
Questo significa che noi, come fedeli, a prescindere dalla nostra religione, abbiamo bisogno di essere autentici rappresentanti di Dio nel mondo, soprattutto attraverso le opere e solo inseguito attraverso le parole, cioè, per mezzo di un impegno pubblico. In un mondo che rimarrà sempre un luogo di disordini, noi potremo contribuire, in questo modo, con la speranza in Dio e nella misura in cui è possibile, alla realizzazione della pace tra gli individui e le nazioni.
Questo è esattamente quello che ci viene insegnato dai santi cristiani. Essi sono veramente stati e rimangono tuttora i più grandi operatori di pace, perché le preghiere dei santi di Dio hanno un impatto molto maggiore sulla pace nel mondo rispetto a qualsiasi altro sforzo umano. Soprattutto, i santi contribuiscono a stabilire la pace sulla terra attraverso la loro esistenza in Cristo Gesù come Pace, “In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28).
Infine, permettetemi di concludere questo umile presentazione con le parole di una invocazione tratta dalla Liturgia, scritta nell’opera delle Costituzioni Apostoliche, risalente al quarto secolo nelle terre martirizzate di quella che ancora oggi è la sofferente Siria. Recitano come segue: "Preghiamo per la pace e la felice soluzione del mondo, e delle Chiese sante; che il Dio del mondo intero ci conceda la sua pace eterna, che non ci sia tolta; che Egli possa preservarci in un piena continuazione di tale virtù, come è secondo pietà "(La preghiera di offerta per i Fedeli, Costituzioni Apostoliche VIII, sezione 2, X).
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