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In Italia

La popolazione detenuta in Italia è andata notevolmente aumentando negli ultimi anni. Il sovraffollamento, le scarse possibilità di lavorare durante la detenzione e la lunga attesa dei processi sono fra i problemi più evidenti dell'attuale situazione penitenziaria italiana. Una parte prevalente dei detenuti è costituita da tossicodipendenti e immigrati. A Roma, ad esempio, sul totale dei detenuti, circa un terzo sono tossicodipendenti e un terzo stranieri. Ed è una tendenza che si va diffondendo su tutto il territorio nazionale. I reati per i quali sono stati accusati o condannati rientrano prevalentemente nella cosiddetta "microcriminalità".

La povertà stessa permette il protrarsi nel tempo delle carcerazioni peggiorando la condizione di esclusione dal contesto sociale e lavorativo. La disuguaglianza sociale inoltre impedisce a coloro che mancano di appoggi esterni e dell'abitazione di poter utilizzare le misure alternative alla detenzione.

La gravità relativamente bassa dei reati potrebbe far prevedere che le pene, almeno nella misura dei due o tre anni previsti per accedere alle misure alternative alla detenzione, siano scontate in parte (semilibertà) o del tutto (affidamento al servizio sociale) fuori dalle mura del carcere. Ma l'accesso a questi benefici è di fatto impedito da tanti fattori concomitanti a cominciare dalla deprivazione economica, sociale e culturale e dalle situazioni personali e familiari di svantaggio da cui essi partono. 

Queste persone mancano dei requisiti necessari per ottenere le misure alternative: è dunque certamente difficile, tante volte impossibile, che un giudice le conceda quando fuori non ci sono persone che offrano garanzie, quando spesso non c'è neppure l'abitazione. Queste considerazioni riguardano non solo chi è già stato definitivamente condannato ma anche chi è in carcere per custodia cautelare con il processo ancora in corso.


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