«Il popolo cristiano è più avanti del dialogo fin qui realizzato. Ci sono matrimoni misti, ci sono luoghi santi in Siria in cui pregano cristiani di tutte le chiese. Ma per i cristiani in Medio Oriente l'unità cristiana – temprata dalla sofferenza di questi anni - deve manifestarsi nell'unificare le date della Pasqua e ricevere la santa comunione gli uni dagli altri». È quanto ha detto Mor Ignatius Aphrem II, Patriarca siro ortodosso di Antiochia intervenendo sul tema della unità dei cristiani e la pace nel corso dell’Incontro organizzato dalla Comunitá di Sant’Egidio Peace is the Future, Religion and Cultures in Dialogue 100 Years after World War I, in corso ad Anversa.
Al Patriarca ha fatto eco Richard Chartres, vescovo anglicano di Londra, per il quale «Il dialogo ecumenico non è questione di dipartimenti specialisti all'interno delle chiese» ma è una questione dei popoli; ha ricordato, infatti, che nella cattedrale londinese di St. Paul ogni giorno si prega per Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e per Paul Yazigi, vescovi siriani di Aleppo, rapiti oltre un anno fa e dei quali non si hanno più notizie. Chartres ha anche affermato che «il dialogo ecumenico non dev’essere fatto da dipartimenti specialistici che diventano come bolle ermetiche, ininfluenti nella vita della gente. Per troppo tempo – ha aggiunto - siamo stati i gendarmi del perimetro delle chiese, mentre Gesù è un centro dinamico».
Dalla Bielorussa, la cui gerarchia ortodossa è legata al Patriarcato di Mosca, si è levata la voce che testimonia le difficoltà dei cristiani nel conflitto russo-ucraino. Pavel, Metropolita di Minsk e Sluck, Esarca patriarcale di tutta la Bielorussia, ha detto: «Tradizionalmente i bielorussi considerano il popolo ucraino come fratello e in questi mesi stanno soffrendo per questo paese, crocifisso da differenti forze politiche. La Chiesa ortodossa bielorussa prega per la pace nella terra ucraina e cerca di offrire il proprio aiuto al crescente numero di profughi che arrivano nel nostro paese».
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