Comunità di Sant'Egidio, Italia
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Con un legame tra giovani e anziani che dura da 40 anni è cresciuta la Comunità di Sant’Egidio, attraverso una sapiente miscela che tiene insieme l’aiuto, la solidarietà concreta e quotidiana alle persone anziane, alle riflessioni, alle proposte, alla “cultura” positiva che la Comunità di Sant’Egidio è impegnata a proporre attorno all’età anziana.
Questo legame è una lotta senza quartiere alla solitudine degli anziani. Non è bene che gli anziani siano soli: non è bene per loro, ma non è bene per i nostri giovani, per le nostre città, per le nostre famiglie, che senza la presenza degli anziani impoveriscono e si disumanizzano.
“Ho visto tanti giovani e anziani insieme, e non per la prima volta – disse nel 1980 il beato Giovanni Paolo II in occasione della sua prima visita a S. Egidio – Vi sono grato soprattutto per la scoperta degli anziani, per una tale scoperta. Questo è veramente creativo e pasquale e sono convinto che voi, tramite questa esperienza, questa scoperta, riscopriate anche voi stessi più giovani.”
C’è però un'amara contraddizione tra quello che gli anziani sono nelle nostre società, e la rappresentazione che ne viene data. C'è un “pensiero” generalizzato, diffuso anche in ambiti competenti e autorevoli, che parla di “rischio longevità” , “la longevità mette a rischio il welfare”. Sono affermazioni forse semplificate, ma che hanno una ricaduta preoccupante sulla coesione sociale. Rivestono di pessimismo quello che l'OMS 10 anni fa ha chiamato un "trionfo": raggiungere l’età avanzata non più come traguardo per pochi, ma per la maggior parte della popolazione mondiale (anche i paesi poveri). Il punto è proprio questo: dare un senso ai 20/30 anni in più che lo sviluppo umano ci ha regalato non è solo un problema di servizi, di politiche, di risorse - certo tutte cose importanti- ma non è solo questo. E’ un grande problema esistenziale, culturale e spirituale.
E' possibile parlare degli anziani come di una ricchezza? Come di una risorsa?
I dati di uno studio dello scorso anno (FederAnziani) “quantificano” il contributo e l’aiuto che le fasce di età anziane hanno dato a quelle più giovani: 4 miliardi di euro è stata la cifra messa a disposizione in un anno dai “nonni” per nipoti e figli. Soldi presi ovviamente dalle loro pensioni per aiutare i bilanci familiari in affanno . Inoltre, un valore pari a 24 miliardi di euro è rappresentato dal valore monetario del tempo che i nonni passano con i nipoti. Il calcolo economico cattura sono una parte del valore di questo “lavoro”: non solo tempo, ma cura, affetto, attenzione, dedizione . I nostri giovani, molti dei quali genitori, trovano un sostegno affettivo ma anche concreto in 12 milioni di anziani che ogni giorno, si preoccupano, si prendono cura, fanno da mangiare, accompagnano a scuola e al parco, giocano con i loro figli.
Ma c’è qualcosa di più che non un calcolo economico. Le giovani generazioni trovano nella figura del “nonno” una bussola affettiva che li orienta nel tempo e restituisce, grazie alla memoria e al prezioso scambio intergenerazionale, uno spessore storico e affettivo alle loro fragili identità esistenziali. Sono risorse umane, economiche, intellettuali, affettive che in vario modo contribuiscono a far “funzionare” la società nei suoi meccanismi e ingranaggi economici, sociali e relazionali. È il contributo al Pil nazionale, ma anche alle fragili “economie” familiari che sempre meno reggono senza la pensione, bassa ma garantita, di un suo componente anziano.
In questo senso si può parlare della forza degli anni, come di un valore aggiunto della vita anziana per la società. Vorrei usare questa espressione: gli anziani sono dei veri produttori di valori.
E' uno dei primi pensieri che papa Francesco ha espresso fin dall'inizio del suo pontificato: “Non cediamo mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno: non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento.” E poi il Papa ha aggiunto una sua riflessione sulla vecchiaia: “la vecchiaia è – mi piace dirlo così – la sede della sapienza della vita. (…) Doniamo questa sapienza ai giovani: come il buon vino, che con gli anni diventa più buono, doniamo ai giovani la sapienza della vita.”
Gli anziani, se gli si permette di vivere con gli altri, possono essere formatori di umanità e creatori di legami. Superare il pregiudizio nei confronti degli anziani e scoprire il loro apporto alla costruzione sociale anche nei termini di produttori di valori per i giovani ma anche per gli adulti, non è solo umanamente fondato, ma anche socialmente sensato.
Una giovane studentessa di Bassano del Grappa ha scritto “Ogni giorno vedo i miei nonni, li abbraccio e trascorro il mio tempo libero con loro. (…) La società spesso li vede come persone …che portano costi sanitari o per le pensioni, sono un peso per tutti. Ma è davvero così? Quanto hanno dato loro alla società? Una persona anziana è un dono prezioso, è una fonte di saggezza e di consigli, (…). Per tante cose che ora ci sembrano normali, i nostri nonni, bisnonni e trisnonni hanno lottato, hanno lavorato, si sono battuti. Come si può definirli inutili? Come si può avere così poco rispetto? Saranno un “ peso” per la società, ma sono una ricchezza per i giovani!” e forse non solo.
Senza anziani non c’è futuro. Se le società sono vecchie, non è per l’aumentato numero di anziani, ma perché non sanno cambiare. Cambiare la cultura sugli anziani è la premessa per mettere a disposizione del tessuto sociale una ricchezza incalcolabile, vera speranza per il futuro.
Grazie
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