Tre punti:
1) Un breve richiamo:
Il cammino ecumenico comporta più tappe, più momenti. Il XIX secolo con le missioni nel mondo , missioni in ordine sparso su territori comuni, iniziative che manifestano le divisioni e la concorrenza fra le Chiese . La Conferenza di Edimburgo del 1910 affronterà questo problema e lancerà il primo movimento di discussione in vista di un migliore coordinamento fra le Chiese protestanti europee, africane e americane. Questo movimento sarà una delle fonti del Consiglio ecumenico delle Chiese.
Il secondo momento è quello delle discussioni teologiche fra le due guerre e , in seguito, fino ad oggi: grande ricchezza e grandi passi in avanti. Ma nessun altro accordo internazionale dal 1999, dall’accordo di Augsburg : da più di 15 anni
Il terzo momento è il nostro, l’attuale: che fare dopo il tempo degli accordi e dei passi in avanti sul piano teologico?
Due piste: l’ecumenismo spirituale e liturgico (preghiera, incontri, sessioni, ritiri, formazione), l’ecumenismo dell’azione e della testimonianza.
2) Qui le Chiese sono davanti a un immenso cantiere: la testimonianza e l’azione pongono le Chiese dinanzi alla sfida dei drammi del nostro tempo e rivelano la loro fragilità e la loro impotenza (ad esempio Siria, Ucraina, Iraq, Libia, Ruanda, Burundi ecc. )
3) Le reti sono le alternative alla pratica abituale nella misura in cui le parrocchie sono meno trainanti e quando la società secolarizzata è meno disponibile a far loro spazio. Le comunità, le associazioni, i movimenti, i gruppi di influenza possono agire meglio. Ambiti: povertà, esclusione, guerra, accoglienza dei rifugiati. Esempio: i corridoi umanitari in Italia e in Francia con Sant’Egidio e la Federazione Protestante di Francia.
Conclusione:
La parola magnificata e largamente diffusa della Chiesa o del papa non ha l’efficacia che si crede.
Il “religioso” e l’impegno delle religioni non può essere il surrogato di una politica che si indebolisce. Nello stesso tempo il mondo ha bisogno di segni.
La testimonianza delle Chiese che si mettono insieme per operare , è uno di questi segni. Ma è insufficiente.
Che cosa resta? Allargare lo spazio della testimonianza e dare una dimensione interreligiosa all’azione. E’ qualcosa di nuovo e difficile da mettere in atto.
E’ però una nostra sfida, per far comprendere che le religioni sono una risorsa e non una minaccia per l’umanità. Vi è una profonda riflessione da avviare, a questo proposito, in Occidente, nel contesto di un Islam che è in crisi e spaventa, e di un razionalismo in cerca di senso e di progetti
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