Palazzo Altieri è urbanisticamente collocato in una zona del centro di storico di Roma di rilevante importanza storico-monumentale poiché il fitto tessuto urbano nel quale è inserito vede a sud Piazza del Gesù, e via del Plebiscito, a est via degli Astalli, a nord via San Stefano del Cacco e ad ovest Via del Gesù. Il palazzo è il risultato dell’ampliamento e ammodernamento di case di impronta medioevale attraverso due fasi di costruzione, la prima nel 1650 e la seconda nel 1670-76, ad opera dell’architetto Giovan Antonio De Rossi (1616-95) esponente del maturo barocco romano. Il De Rossi si ispira a Palazzo Farnese, e segue il modello michelangiolesco nel ripartire la facciata in tre ordini e nell’unire il finestrone al grande portale in un unico elemento con funzione accentratrice e decorativa. Muove i piani del prospetto avanzando leggermente il corpo centrale, per ottenere un effetto di moderato dinamismo che rispondeva al gusto del tempo e non disdiceva con l’imponenza della vicina chiesa del Gesù.
La particolarità della committenza del cardinale Paluzzo Paluzzi-Albertoni, Cardinal Nepote adottato dall’anziano Emilio Altieri appena eletto al soglio pontificio con il nome di Clemente X nel 1670, è dichiarata nella scelta degli artisti che vengono chiamati a decorare il palazzo. Viene infatti chiesta la collaborazione del Maratta, del Cozza, dello Schor e di altri artisti in ascesa per fare di Palazzo Altieri un vero e proprio manifesto delle scelte papali in termini di politica artistica e culturale. Nel panorama degli ultimi decenni del Seicento questa dimora costituisce un esempio della tendenza classicista espressa dalla collaborazione Maratta-Bellori.
Come sottolinea la storica dell’arte Angela Cipriani (1991) <l’idea della esaltazione di Roma, antica e moderna, cristiana e pagana, costituisce l’ambizioso tema iconografico generale della decorazione di Palazzo Altieri>. Ecco dunque, in un inedito percorso ai più sconosciuto, la rappresentazione della Clemenza ossia di Roma Sacra e Cristiana, accompagnata dalla Pace e dalle Virtù coronate dall’Onore, durante il regno del Papa Clemente X realizzato da Carlo Maratta (1673-74) e di cui si potranno ammirare anche i bozzetti preparatori; ecco dunque il Carro del Sole dipinto da Fabrizio Chiari sul soffitto della "Sala degli Specchi" (1675), il soffitto della "Sala Verde" opera di Giovanni Andrea Carloni, Francesco Cozza e Paolo Brozzi (1674-77); l’Allegoria dell’Amore di Nicolò Berrettoni nella "Sala Rossa" (1675) e L’Apoteosi di Romolo che Domenico Maria Canuti finisce di affrescare nel 1676 nella "Sala di Romolo".
In altre sale, sempre in un tripudio di putti, festoni, tritoni, cassettoni in legno dipinti a rosoni, stucchi, marmi policromi e preziosissimi arredi nella cui trama splendono le stelle Altieri, spiccano le pitture di Felice Giani, Giuseppe Cades, Bénigne Gagnereaux, Vincenzo Camuccini, Anton von Maron, Bernardo Landi ed altri noti esponenti del neoclassicismo romano, guidati da Giuseppe Barberi. Particolarmente ricca di decorazioni la "Sala Pompeiana" e, soprattutto, la "Sala del Mosaico" che prende nome dal mosaico pavimentale di età augustea con il mitico incontro di Marte e Rea Silvia incorniciato da una fascia con motivi a treccia. Delizioso il fregio marmoreo che corre tutto intorno alla Sala nel quale sono rappresentati vivacissimi Giochi di putti scolpiti con grazia ed eleganza da Vincenzo Pacetti (1746-1820). Alle pareti bellissime grottesche dipinte da Felice Giani.
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