Una memoria di popolo custodita dalle nuove generazioni. Anche da quelle figlie della recente immigrazione da tanti paesi al di là dei confini europei. Ieri c'erano anche loro, i piccolissimi nuovi italiani dai visi di tanti colori diversi, a marciare per le strade di Padova in ricordo dei bambini che, 70 anni fa, furono arrestati e deportati in seguito alle leggi razziali. Delle 47 persone arrestate il 3 dicembre 1943 e ricordate dal presidente della comunità ebraica di Padova, Davide Romanin Jacur, che ha letto i loro nomi uno ad uno, quasi un quarto erano bambini. «Fanno parte di quella che deve essere la memoria di popolo» spiega Alessandra Coin, presidente della Comunità di Sant'Egidio che ha organizzato la manifestazione, «anche per i bambini immigrati. Ringrazio chi li ha portati a questo evento dal quale spero che la città possa trarre una lezione. Che i dolori di tanti, e penso ai migranti di Lampedusa, non debbano ripetersi».
La manifestazione, giunta alla seconda edizione, è stata organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla Comunità ebraica di Padova in collaborazione con il Comune e ha visto sfilare, lungo le strade della città, un corteo composto da giovani e anziani, uomini e donne, ebrei e non. In mano un cartello con il nome di uno dei campi di concentramento utilizzati durante l'Olocausto. Partendo da palazzo Moroni, il corteo ha sfilato lungo via Roma per poi addentrarsi nel ghetto. Lì si è fermato nei pressi della sinagoga e ha assistito a una cerimonia per la Chanukkah, la festa delle luci. E poi di nuovo verso piazza delle Erbe e sul liston, dove il presidente della comunità ebraica ha letto il nome dei 47 deportati padovani che hanno visto la loro vita cambiare il 3 dicembre di 70 anni fa. «Un tempo che per la nostra comunità è molto lungo» ha spiegato, «ma non vogliamo dimenticare». Il presidente è appena tornato da uno dei viaggi della memoria organizzato dal Comune insieme a 160 ragazzi. Li ha accompagnati l'assessore Claudio Piron, da sempre in prima linea per far sì che il ricordo degli orrori passati possa essere un insegnamento per i ragazzi di oggi. «Dove erano i padovani quando è successo?» si chiede Piron, «E ora dobbiamo chiederci: io, oggi, come mi comporterei?». Quel 3 dicembre un susseguirsi di eventi ha colpito nel cuore la città di Padova. Come ricorda Mirko Sossai della Comunità di Sant'Egidio è iniziata una vera e propria «caccia». «Quel giorno villa Veniera Vo' Euganeo venne individuata come campo di concentramento » ricorda, «una permanenza che ebbe tragicamente fine nell'estate dell'anno successivo quando gli ebrei vennero fatti salire su due camion e portati verso la Risiera di San Sabba e, da lì, ad Auschwitz. Di quei 47 internati, solo tre donne fecero ritorno a casa». Un passato terribile che va ricordato, guardando al futuro. «Il prossimo anno» conclude Sossai, «saremo ancora qui».