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30 Srpen 2015

Salvataggi e accoglienza. La rete di chi non ha paura

Tra le tante iniziative, quella dell'arcivescovo di Torino che ha chiesto alle famiglie di ospitare un profugo e alle parrocchie di accoglierne cinque.

 
verze pro tisk

Gli appelli ad agire non si contano più e anche l'Onu, tardivamente, ha deciso di scendere in campo. Ma le belle parole non bastano a salvare vite, ad accogliere, a sfamare. Ci vogliono iniziative, risorse. Andrebbe coordinato e indirizzato chi si ritrova a fronteggiare un esodo, non un'emergenza qualunque, e deve provvedere a chi arriva vivo e ha bisogno di tutto. Ma anche a chi non ce l'ha fatta: a Catania il cimitero è andato in tilt dopo l'arrivo delle 52 vittime di una delle ultime tragedie del mare.
Sindaci, amministratorì e comunità locali sono di fronte a qualcosa di straordinario, spesso agiscono in modo estemporaneo. Oppure non agiscono, come il sindaco di Corigliano, in Calabria, nel cui porto è giunta la nave Corsi della Guardia costiera dalla quale sono stati sbarcati 254 migranti di varie nazionalità. Il Comune non ha collaborato alle attività di soccorso e prima accoglienza. Il sindaco ha detto di non avere fondi, lamenta di non essere stato rimborsato dalla prefettura per gli aiuti forniti in precedenza, argomenta di essere già in ginocchio per la recente alluvione. La prefettura replica dicendo che le richieste di rimborso non sono mai arrivate. Insomma un pasticcio, mentre gli sbarchi continuano.
Ma sarebbe un errore fermarsi qui. Perché accanto aí rifiuti e alle polemiche strumentali di qualche politico in cerca di voti, c'è chi agisce concretamente per salvare e accogliere uomini e donne in fuga da guerre e tragedie.

Ieri il battello Dignity di Medici senza fontiere ha salvato 128 persone a bordo di un gommone nelle acque internazionali davanti alla Libia. La Guardia costiera è in mare con la sua flotta, ieri anche a Messina con un pattugliatore Diciotti. Altri sbarchi, 700, altri salvataggi. Gli operatori di Save the children in Sicilia fanno la spola da un porto all'altro per coordinare le iniziative per accogliere i minori: forniscono, tra l'altro, una prima informativa legale: «Spieghiamo i loro diritti, la normativa italiana ed europea e tutto quanto può essergli utile», racconta Giovanna Di Benedetto portavoce dell'organizzazione in Sicilia.
Iniziative diffuse, un elenco di quanti operano e si adoperano si rischerebbe di far torto a molti, si tratta di una rete diffusa ed eterogenea che va dalle Ong, alle associazioni di volontariato, ai sindacati, associazioni, fino alle chiese, quella cattolica, quella valdese. Basta scorrere le notizie degli ultimi giorni per farsi un'idea che non esistono solo gli oppositori ai 19 (diciannove) profughi ospitati in un albergo di San Colombano di Collio, paese nel bresciano. Ci sono le istituzioni, a tutti i livelli. Oltre alla rete delle strutture di accoglienza, rafforzate negli ultimi mesi, ieri il governo ha deciso che una quota dell'8 per Mille del 2014 destinata allo Stato, pari a 6,7 milioni, andrà al fondo del Viminale per l'assistenza ai profughi.
Due giorni fa la Cooperazione Italiana ha disposto un finanziamento di emergenza di 100mila euro a favore della Croce Rossa serba per attività di prima assistenza a favore delle categorie più vulnerabili dei profughi ospitati nei principali centri mòbili di accoglienza del Paese. Iniziativa analoga dalla chiesa valdese. Il Sinodo, tenuto la settimana scorsa, ha messo l'immigrazione tra le priorità in agenda. Soprattutto con il progetto Mediterranean Hope (Mh) finanziato con i fondi dell'8 per mille della Tavola valdese, articolato in un Osservatorio sulle migrazioni a Lampedusa, una casa delle culture e un centro di accoglienza a Scicli (Ragusa). C'è inoltre un progetto, in collaborazione con la Comunità di 
sant'Egidio di costituire corridoi umanitari per garantire ai richiedenti asilo la possibilità di compiere viaggi sicuri.
Su impulso di Papa Francesco, anche la chiesa cattolica ha rafforzato il proprio impegno: molti sacerdoti in ogni parte dello Stivale aprono chiese e parrocchie. Ieri l'arcivescono di Torino, monsignor Cesare Nosiglia si è rivolto con una lettera alle famiglie torinesi, chiedendo che accolgano un rifugiato nelle loro case, e chiamando le unità pastorali a individuare parrocchie, case di riposo e ogni struttura idonea per dare ospitalità a cinque profughi. Sono poi decine i progetti di aiuto in tutta Italia della Caritas che nella sua rete ospita attualmente più di 20mila migranti. Sono solo alcune delle iniziative più recenti di un'Italia solidale.


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