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5 Februari 2009

Guatemala: un libro racconta la storia degli accordi di pace con la mediazione della Comunità di Sant'Egidio

 
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Una storia segreta di pace. Questo il contenuto del libro di Roberto Bonini “Pace in Guatemala. I colloqui segreti tra il governo e la guerriglia e gli storici accordi di Pace”, presentato ieri all’istituto Italo latino americano di Roma. Un testo in cui l’autore ripercorre il lungo processo diplomatico ma anche lo sforzo umano che permise nel 1996 di porre fine a uno dei conflitti più sanguinari dell’America Latina, costato la vita a oltre 200 mila persone. Linda Giannattasio:

‘Pace in Guatemala’ racconta la storia di come gli incontri cambino le persone. Il libro infatti non vuole essere soltanto una dettagliata ricostruzione storica di un momento poco conosciuto dei negoziati di pace, ma anche il racconto di un incontro tra quelle persone: da una parte, i due presidenti del Guatemala, Ramiro de León Carpio prima e poi Alvaro Arzù, dall'altra, la Comandancia general della guerriglia. Roberto Bonini, autore del libro:

 
“Questi colloqui, realizzati tra il ‘95 e il ’96, sono serviti, per la prima volta, a creare un clima di fiducia fra il governo e la guerriglia del Guatemala. Non era mai successo che un presidente del Guatemala ed i comandanti della guerriglia si incontrassero. Questi cinque colloqui diretti sono serviti per un riconoscimento della controparte come interlocutore politico e questo ha permesso, nell’ultima fase del processo di pace in Guatemala, di essere molto più rapida. Il processo di pace in Guatemala è durato sei anni ma nell’ultimo anno, tra il ’95 e il ’96, è stato possibile firmare un numero di accordi superiore a quello dei cinque anni precedenti”.

Una pace resa possibile, quindi, dalla ristabilita fiducia tra due mondi, quello dei ladinos e degli indios, che combattevano da troppo tempo per potersi conoscere davvero, in una guerra durata 30 anni, costata oltre mezzo milione di profughi e 200 mila morti. Un accordo che giunse nel ‘96, sotto l’egida dell’Onu, ma per il quale, come racconta il libro, fu determinante il ruolo della comunità di Sant’Egidio. Un lavoro basato sulla fiducia e sul dialogo. Don Matteo Zuppi, sacerdote della comunità di Sant’Egidio e mediatore nel negoziato in Guatemala:

“Già le conversazioni duravano da diversi anni ma non si era stabilita questa fiducia, questo capirsi tra una parte e l’altra. Questo è stato possibile, appunto, per questi incontri segreti che la comunità ha organizzato senza sostituirsi all’esercizio in corso che era quello delle Nazioni Unite. Credo che, anche questa, sia stata la capacità della comunità, cioè quella di fare “un pezzo”. Abbiamo scelto di fare questo e poi di continuare ad accompagnare il processo che poi, invece, era presieduto dalle Nazioni Unite e ha portato alla firma dell’accordo di pace nel Guatemala”.

Una pace importante, carica di aspettative, forse troppo spesso disattesa. Cosa è cambiato, quindi, dalla firma degli accordi e qual è la situazione del Guatemala oggi. Ancora don Zuppi:

“Le speranze sull’accordo di pace erano tantissime e bisogna dire che c’è molta delusione. In realtà è stata raggiunta la pace ma non sono stati raggiunti gli obiettivi che l’accordo prevedeva. Il primo problema è stato il fatto che il Parlamento stesso, per certi versi, non ha mai recepito una buona parte degli accordi che erano stati firmati dal governo. Credo che comunque rimanga un paradigma al quale, in ogni caso, non si può non fare riferimento, in un Paese che è segnato ancora oggi da moltissime contraddizioni e che richiede ancora un impegno molto forte per la giustizia e per lo sviluppo, soprattutto per quanto riguarda gli indigeni".


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