| 25 November 2017 |
"Quei giovani vivono ghettizzati. Soltanto la scuola può salvarli" |
Paolo Ciani (Comunità Sant'Egidio): dobbiamo farli uscire dai campi |
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Il fenomeno dei matrimoni tra minori nei campi rom dell'estrema periferia di Roma «è molto peggiorato negli ultimi anni. Siamo tornati ai livelli di trent'anni fa». A denunciarlo è Paolo Ciani, responsabile dei servizi con i Rom e Sinti della Comunità di Sant'Egidio. E «sono impressionanti» i dati emersi dal report dell'Associazione 21 Luglio sugli sposi bambini.
Ciani, i dati dicono che abbiamo superato la percentuale di matrimoni tra minori del Niger. Questo passo indietro da cosa dipende?
«Si è abbandonato il percorso di scolarizzazione e di inserimento nella società delle comunità rom della Capitale, preferendo ghettizzarle. Alcune famiglie rom con cui lavoriamo ci hanno chiesto di farle uscire dai campi o le loro figlie finiranno per sposarsi troppo presto. I livelli di istruzione e integrazione incidono molto sulla consapevolezza di certe scelte».
Colpa delle vecchie generazioni o è un desiderio dei giovani?
«È un fenomeno che viene generalmente accettato dalla cultura rom. Certe volte sono proprio i minori a volersi sposare. In altri casi, questi matrimoni - che non hanno alcun valore legale ma sono solo autorizzazioni alla convivenza date dai genitori - vengono combinati tra le famiglie. Capita anche che i parenti dello sposo paghino una dote in beni o in denaro alla famiglia della ragazza. Pratiche, queste, che ricordano tempi antichi, ma che ormai si sono anche adattate alla modernità».
Cosa intende?
«I ragazzi rom ormai si conoscono anche sui social network, chattano e si frequentano online. Quando le famiglie lo scoprono, cercano spesso di sanare la situazione. Ma il motivo principale del matrimonio precoce è un altro: la mancanza totale di un'età della spensieratezza. L'adolescenza quasi non esiste. Così, anche il rapporto con l'altro sesso viene vissuto come un problema».
La soluzione qual è?
«Farli uscire dai campi, che sono luoghi disumani dove spesso non faremmo vivere nemmeno delle bestie. Molti ragazzi rom che lavorano con noi e vivono una realtà normale, ad esempio, arrivano a 24 o 25 anni senza sentire l'obbligo di sposarsi».
Che giudizio dà al nuovo piano per il superamento dei campi rom di Virginia Raggi?
«Le intenzioni sono positive, ma gli strumenti utilizzati finora non funzionano. Le famiglie devono trovarsi da sole un appartamento da affittare. Un metodo che ha dimostrato di essere inefficace».
Nel resto del Paese la situazione è la stessa di Roma?
«Roma è la città con il più grande numero di campi. Non c'è una statistica documentata a livello nazionale, ma la percentuale nelle altre città è certamente legata all'obbligo scolastico. Dove non si tollera l'abbandono dell'istruzione dei minori, il fenomeno è residuale».
Federico Capurso
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