Biografia a cura di Vittorio Scelzo
I genitori di Marianna si incontrano a Roma nel 1973. Entrambi hanno alle spalle una vita difficile,ma il matrimonio è l’inizio di un periodo felice: un buon lavoro, da custode di un liceo scientifico a Roma, la sicurezza di avere una casa ed uno stipendio con cui si può pensare di mettere su famiglia.
Allora, una dopo l’altra, nascono quattro figlie, di cui due gemelle, Marianna e Cristina, il 13 luglio 1976.
I genitori si accorgono delle difficoltà delle due gemelle solo intorno ai due anni. Certo, le bambine tardavano a dire le prime parole, ma nessuno immaginava che potessero essere sorde e nessuno aveva mai sentito parlare della sindrome di Pendred, una malattia genetica che associa ipotiroidismo, sordità e ritardo mentale. È una di quelle malattie così rare che quando vai a farti visitare, lo specialista si collega ad internet per capire di che si tratta e poi ti dice che devi imparare a conviverci.
Per Marianna e per Cristina, ma anche per la famiglia, la sindrome di Pendred ha avuto invece un significato preciso, quello di entrare in contatto con il mondo dei sordi. Tutte e quattro le sorelle hanno frequentato scuole speciali dove hanno imparato a comunicare attraverso la LIS – lingua italiana dei segni. Per Marianna e Cristina era l’unica maniera di comunicare, ma era necessario che qualcuno fosse in grado di parlare con loro e per questo motivo una delle due sorelle più grandi ha dovuto vivere con Marianna e Cristina in un istituto per sordi per circa dieci anni , in contatto con un mondo e un modo di comunicare completamente diversi e con il rischio di perdere i contatti con quelli di fuori.
Dopo gli anni dell’istituto e della scuola media per sordi “Severino Fabriani” i destini scolastici delle due gemelle si dividono. Marianna non è in grado di proseguire gli studi e di frequentare la scuola superiore (anch’essa per sordi) e le vengono fatte ripetere due volte tutte le classi della scuola media, mentre Cristina riesce ad ottenere un diploma.
Alla fine del ciclo dell’obbligo – a 21 anni – Marianna è in grado di leggere e scrivere e conosce il linguaggio dei segni, ma non riesce ad usare queste abilità per comunicare, se non in maniera elementare.
Agli anni della scuola media risalgono i primi dipinti di Marianna. Amava copiare dipinti di autori famosi, Botticelli, Raffaello, Mantegna, Goya,Picasso, Chagall… reinterpretandoli con molta libertà.
Ripetere le classi delle medie è stato anche un modo per allontanare il problema dell’inserimento di Marianna in un centro per disabili adulti. Nessuno era disposto ad accettarla poiché non c’erano a Roma strutture preparate ad accogliere persone con la sua disabilità. I luoghi di incontro per sordi non erano adatti per una ragazza dalla ridotta autonomia ed incapace, da sola, di integrarsi. I centri per disabili, invece, non avevano personale preparato a trattare con i sordi o che conoscessero la LIS. Marianna era troppo disabile per i sordi e troppo sorda per i disabili.
Nel 1993 su richiesta dell’assistente sociale inizia l’ amicizia tra Marianna e alcuni giovani della Comunità di Sant’Egidio. Marianna comincia a frequentare la Scuola di pittura nel quartiere di Primavalle e dopo circa un anno di richieste ed insistenze da parte della Comunità per trovare un centro diurno, il COES si rende disponibile ad accogliere Marianna ed evitare che rimanga per gran parte del giorno in casa.
Il 10 gennaio del 1997, il padre di Marianna viene a mancare. Nel periodo della malattia ed in quello subito dopo la sua morte, Marianna ha sentito più vicina la presenza degli amici della Comunità ed è proprio a partire da quei giorni difficili che è iniziato un nuovo e forte legame. In quelle circostanze il disegno è stato uno strumento per non rimanere muti di fronte ad una perdita così dolorosa ed è per questo che ancora oggi sul letto di Marianna c’è un suo disegno del padre, in cielo accanto a Gesù.
Oggi Marianna vive insieme alla madre, a due sorelle e ad una famiglia di parenti in una depéndance del liceo scientifico di cui il padre era il custode. Dopo la sua morte non hanno più alcun diritto sulla casa, ma la loro situazione irregolare non permette di accedere all’edilizia popolare.
La Scuola di pittura ha per Marianna un significato particolare: dipingere è uno spazio di libertà nel quale, attraverso il suo tratto deciso, può entrare in contatto con una complessità che altrimenti le è negata. Dipingere,diversamente da quanto avviene per gli altri artisti che possono parlare e hanno altri mezzi, è il suo unico modo di comunicare. Arrivata da pochi mesi alla Scuola di pittura di Primavalle, Marianna ha voluto ritrarre i suoi nuovi amici, come per entrare in maggiore confidenza con loro. Sono questi gli unici dipinti che non ha riprodotto nel confronto diretto con i grandi maestri della pittura. Guardare uno di questi ritratti, fatti spesso in poco tempo e senza gli strumenti adatti, è un po’ scoprire lo sguardo con cui Marianna guarda ai suoi amici, la sua attenzione ai particolari, alle espressioni ed ai tratti del volto.
Dipingere è anche il modo in cui Marianna, che non ha altro modo per esprimersi, si può confrontare con temi complessi come la pena di morte o l’AIDS in Africa. Il suo ritratto di Safya Huseyini, donna nigeriana condannata a morte per avere avuto un figlio al di fuori del matrimonio, la dolcezza degli sguardi della madre e della figlia, sono le parole che Marianna ha voluto usare per dire che ogni condannato a morte è prima di tutto una persona capace di amare. Il suo ritratto di due bambini mozambicani, foto- simbolo del programma DREAM, è voluto essere il suo contributo al progetto di cura dell’AIDS che Gli Amici sostengono.
In occasione dell’edizione 2003 di Abbasso il grigio! “Dipingere l’handicap”, Marianna ha invece rappresentato due persone che si esprimono attraverso il linguaggio dei segni che per lei rimane la via privilegiata di comunicazione.
Marianna partecipa alla liturgia della Comunità di Sant’Egidio dal 1995. Anche in questo ambito l’espressione artistica è stata un canale importante per vivere ed esprimere la sua religiosità. I suoi dipinti di carattere religioso, come “l’Alba della Resurrezione” o l’icona di “Gesù e i bambini”, sono riproduzioni di dipinti famosi che Marianna ha reinterpretato attraverso la sua spiccata sensibilità visiva e le problematiche esistenziali in cui è immersa. Nella cappellina di Primavalle dedicata all’Epifania in cui ogni domenica viene celebrata la messa è esposta la sua “Adorazione dei Magi”.